La Strada In Salita: Spazi Stretti e Sfide Difficili per l’America
Il decennio passato si è concluso con un forte appello ai governi e alle banche centrali di premere sull’acceleratore. Dopo la crisi finanziaria del 2008, la crescita era stata lenta, con la priorità di risanare le debolezze emerse durante la crisi. L’inflazione, si pensava, non sarebbe stata un problema. Il mondo si era completamente ripreso dagli incendi inflazionistici degli anni ’70 e temeva semmai una deflazione strutturale.
Durante il suo primo mandato, Trump aveva cercato di stimolare la crescita con deregulation e tagli fiscali, ma si era trovato di fronte all’ostacolo di una Fed ostile che aveva aumentato i tassi nel 2018, nonostante l’inflazione (nonostante i dazi) non stesse mostrando segni di vita. L’amministrazione Biden, con una Fed più cooperativa, ha implementato politiche che Trump aveva solo immaginato, ma su una scala molto più ampia. Il Covid ha fornito la giustificazione, ma l’entità dell’intervento è stata senza precedenti, provocando non solo una piccola scintilla inflazionistica, ma un’inflazione complessiva del 25%. La spinta monetaria e fiscale che ha alimentato questo “incendio” ha generato una crescita molto forte, che ha causato un surriscaldamento evidente. Per raffreddare la situazione, è stato fatto un ricorso massiccio all’immigrazione.
Oggi l’inflazione è scesa, ma il sistema conserva ancora la sua “memoria”. È come una persona in riabilitazione da una dipendenza. Sembrano guariti, ma in caso di una ricaduta, i tempi per il ritorno a uno stato di “intossicazione” sono molto più rapidi rispetto a una persona sana.
Ma non finisce qui. Gli elettori di tutto il mondo hanno punito i governi che hanno contribuito all’inflazione, e ora c’è una diffidenza diffusa. Politicamente, acquistare crescita tramite inflazione non è più un’opzione.
La Fed, dal canto suo, dopo le elezioni, ha ripreso a mostrare preoccupazione per l’inflazione, ed anche i mercati obbligazionari hanno seguito la stessa strada. È significativo che questo stia accadendo proprio mentre la crescita rallenta, con le stime della Fed che passano dal 3,5% nel terzo trimestre al 2,5% attuale. Ciò che è ancora più interessante è che né Trump né i suoi alleati hanno criticato la Fed per non abbassare i tassi. Almeno per ora, una Fed che di nuovo monitora l’inflazione sembra essere politicamente comoda per la nuova amministrazione.
In queste circostanze, è irrealistico pensare che l’amministrazione Biden si prepari a rimpatriare i milioni di immigrati irregolari che sono stati lasciati entrare sotto la sua guida. Qualsiasi azione sarà probabilmente simbolica, con un focus sugli immigrati che hanno commesso reati.
Lo spazio d’azione sarà anche limitato per quanto riguarda i dazi. Stephen Miran, che è stato consigliere del Tesoro nell’amministrazione Trump, suggerisce di annunciare un aumento mensile dei dazi del 2% (senza limiti di tempo). Questo permetterebbe di mantenere il potere negoziale senza impatti visibili sull’inflazione.
Un altro vincolo che la nuova amministrazione dovrà affrontare sarà la forza del dollaro, che ostacola la reindustrializzazione. Si dice che Lighthizer stia lavorando su una proposta per introdurre restrizioni sui flussi di capitali dall’estero se il dollaro dovesse apprezzarsi troppo. Tuttavia, gli Stati Uniti hanno bisogno di questi flussi di capitale per finanziare il loro disavanzo, specialmente se la Fed non collaborerà con un nuovo Quantitative Easing.
Un altro aspetto da monitorare è l’architettura del sistema monetario globale, che è ancora centrato sul dollaro. La Cina, ad esempio, ha recentemente emesso un bond per raccogliere petrodollari sauditi, che utilizzerà per aiutare i paesi emergenti a ripagare i loro debiti in dollari e sostituirli con debiti in renminbi. Questo è solo uno degli sforzi della Cina per minare questa architettura dall’interno.
La situazione è stretta, come una coperta corta. Non ci sono motivi per prevedere una recessione imminente, ma se gli Stati Uniti vogliono crescere significativamente senza alimentare l’inflazione, dovranno agire in modo aggressivo in settori come la deregulation, l’efficienza del settore pubblico e la liberalizzazione del mercato energetico.
In questo scenario, le borse non hanno ragioni immediate di preoccupazione (a meno di rischi geopolitici esterni), ma nemmeno più la possibilità di affidarsi alla crescita facile, quella fiscale e monetaria. In particolare, non possono più puntare né sulla reflazione che gonfia utili e ricavi (come nel 2021), né sulla disinflazione che aumenta i multipli (come nel 2023–24).
Da questo punto in poi, il cammino verso la crescita sarà quello difficile, basato su efficienza, produttività e crescita degli utili. È un percorso possibile, e vedremo se l’intelligenza artificiale potrà davvero dare una mano in questa direzione.
Ed Yardini, un noto e intelligente esperto di mercato, prevede che l’S&P 500 possa raggiungere i 10.000 punti entro la fine del decennio, ma questa crescita sarebbe tutta dovuta agli utili, non a un’espansione dei multipli.
L’espansione dei multipli, aggiungiamo, sembra ancora possibile fuori dagli Stati Uniti. Quanto agli utili, dovremo imparare a fare a meno di una parte del mercato americano, a commerciare di più tra di noi e a stimolare le nostre economie.